Studio Ue: i cellulari fanno male ai bambini

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Secondo una ricerca finanziata dall’Unione europea i telefonini potrebbero provocare tumori nei più piccoli
BRUXELLES (BELGIO) – Il cellulare può fare male ai bambini in quanto potrebbe provocare loro un raro tipo di tumore. A lanciare l’allarme è uno studio pubblicato dalla direzione per la ricerca del Parlamento europeo, che invita a scoraggiare in maniera decisa l’uso del cellulare da parte dei più giovani dato che il telefonino tra l’altro potrebbe danneggiare lo sviluppo neurologico e i risultati scolastici dei bambini e dei ragazzi in fase pre-adolescenziale.

IL DOCUMENTO – Lo studio, curato dal professor Gerard Hyland dell’università di Warwick e dall’Istituto di biofisica tedesco, evidenzia un «preoccupante rapporto tra campi elettromagnetici coerenti di origine tecnologica e effetti negativi per la salute registrati su esseri umani esposti a tali campi», soffermandosi soprattutto sui rischi derivanti dall’uso dei telefonini.

Secondo gli scienziati «un’ampia serie di studi ha provato che le radiazioni dei Gsm hanno effetti negativi sugli animali, che vanno dall’aumento di attività epilettiche, a quello della mortalità embrionale, fino allo sviluppo di linfomi».

Pur accettando un principio generale di cautela sui pericoli per l’uomo, lo studio sottolinea che anche sul cervello umano tali radiazioni hanno effetti negativi: tra questi, «la riduzione del sonno nella fase Rem con possibili effetti sull’apprendimento, la diminuzione di funzioni chimiche di alcune aree del cervello, e la riduzione dei compiti di memoria».

PIU’ PERICOLI PER I BAMBINI – La conformazione fisica dei bambini li rende particolarmente sensibili alle radiazioni «a causa del maggiore assorbimento dovuto alla dimensione del loro cranio e per il minore spessore delle ossa della testa che aumenta la penetrazione».
Lo studio chiede dunque di scoraggiare l’uso dei telefonini, invitando l’Ue ad impedire la fabbricazione di quelli «che possono suscitare l’interesse dei più piccoli con figure o cartoni animati, o facendo leva sull’immaginario dei ragazzi». «Bisogna smetterla – sostiene Gerard Hyland – di considerare irrilevante, perchè non scientificamente provato, il nesso tra radiazioni di Gsm e problemi di salute quali mal di testa, turbe del sonno, riduzione della memoria, emorraggie nasali, e aumento del numero degli attacchi di epilessia nei bambini».Nel mirino c’è anche la tendenza a non tener conto dei rischi: «Si è parlato solo del fatto che gli studi non hanno registrato aumenti dei casi di tumore al cervello tra gli utilizzatori di Gsm – afferma Hyland – mentre è passato sotto silenzio un risultato inquietante emerso dalle ricerche: la più elevata incidenza tra chi ne fa uso del «neuroma epiteliale», un tumore raro dell’area periferica laterale del cervello, quella in cui si registra la maggiore penetrazione di radiazioni».A sostegno della sua tesi, Hyland chiama anche la storia svelando un inquietante passaggio di un documento della Defence Intelligence Agency (Dia) datato marzo 1976 che investiga le possibilità di usare onde elettromagnetiche e frequenze come vere e proprie armi. «Tra qualche anno – recita il passo riportato – si potranno produrre sull’uomo effetti neurologici e disordini metabolici combinando frequenze e altri segnali caratteristici, dal momento che gli studi effettuati su animali evidenziano la possibilità di usare segnali a microonde a bassa frequenza (come quelli dei cellulari) per causare morti per arresto cardiaco e patologie neurologiche risultanti dalle interferenze sulla barriera sangue-cervello».CAUSE NEGLI USA – E intanto, quasi a confermare la validità dello studio della Ue, dagli Usa arriva la notizia che un celebre avvocato Peter Angelos, il legale che ha strappato 4 miliardi di dollari all’industria del tabacco con una storica causa a difesa della salute dei fumatori, è sceso sul piede di guerra contro le industrie dei cellulari, accusate di vendere oggetti «nocivi» alla salute.

Nelle denunce, presentate a nome di poprietari di telefonini, si fanno i nomi di 25 società, inclusi i giganti del settore – Motorola, Nokia e Ericcson – e si sostiene che l’uso dei telefonini espone l’utente a radiazioni che possono nuocere alla funzioni cerebrali, provocare anomalie genetiche e rendere più vulnerabili alle tossine e alle infezioni.

Identità digitale e privacy: la scuola miglior laboratorio di conoscenza e consapevolezza

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Per tutti, ma soprattutto per i giovanissimi, la capacità di tuitelare la propria e altrui privacy è una competenza essenziale per affrontare il XXI secolo.Esistono, e sono numerosi, i riferimenti utili a progettare e realizzare percorsi utili a consolidare le competenze digitali. Purtroppo sono poco noti.La scuola ha un ruolo chiave, come sempre. È il luogo in cui si incontrano, si confrontano e, talvolta, si scontrano le esigenze di soggetti diversi

Che anno è stato il 2016? Oltre al “tradizionale” bilancio personale, immancabile e privato, siamo raggiunti da sintesi multimediali preconfezionate dai social network che raccontano il nostro anno da abitanti della rete. Foto, post, interazioni che, in alcuni casi possiamo aver anche dimenticato di aver condiviso, ci vengono restituite come racconto e traccia della nostra presenza online

Un esercizio che sarebbe interessante compiere (e consigliare) è guardare con occhio competente questo collage di impronte per avere un piccolo saggio dell’identità digitale che abbiamo costruito, della nostra e-reputazione e della capacità di tutelare la nostra ed altrui privacy. Guidare a questa analisi, in particolare i giovanissimi, è certamente un dono utile ed originale a cui pensare in questo periodo. Quale miglior dono di una competenza per un cittadino del XXI secolo?

Molto più di quanto si possa immaginare, ciò che manca non è la competenza digitale intesa come utilizzo di strumenti/ambienti digitali ma competenze per un’interazione critica e consapevole . È evidente la progressiva semplificazione degli strumenti e delle piattaforme. Non tutto è semplice naturalmente, ma è innegabile che aziende ed amministrazioni si pongano con maggiore determinazione l’obiettivo di rendere “facile” l’accesso e l’interazione per target eterogenei. Ottimo risultato, ma…

Questo “accesso facile” non è il traguardo sperato se non è accompagnato dalla capacità dei soggetti di agire in modo competente. Il mezzo è potentissimo, le opportunità sono numerosissime così come i rischi. Terribili episodi di cronaca ci hanno fatto toccare con mano l’importanza per tutti i cittadini, grandi e piccoli, di saper proteggere e tutelare l’identità digitale e la privacy. Ricostruire una reputazione attaccata attraverso la rete è evidentemente un’impresa molto impegnativa (a volte disperata). Il diritto ad essere dimenticati non basta. È necessario prevenire con la competenza. È necessario non trascurare l’importanza di richiamare con determinazione ed instancabilmente la necessità di rispettare i principi di civiltà, dignità e riservatezza. L’ambiente digitale non si costituisce solo di bit, non deve risultare solo efficiente e performante. Per essere sostenibile ed inclusivo deve fondarsi suvalori condivisi.

 

La scuola

La scuola ha un ruolo chiave, come sempre. È il luogo in cui si incontrano, si confrontano e, talvolta, si scontrano le esigenze di soggetti diversi (alunni, genitori, docenti, rappresentanti delle istituzioni). “La scuola a prova di privacy” [1] è il titolo della recente guida del Garante per la protezione dei dati personali ideata per insegnare la privacy e rispettarla a scuola. Il vademecum offre indicazioni su: come trattare correttamente i dati personali degli studenti, quali regole seguire per pubblicare dati sul sito della scuola o per comunicarli alle famiglie, come usare correttamente tablet smartphone nelle aule scolastiche. Particolare attenzione è destinata al corretto uso delle nuove tecnologie al fine di prevenire atti di cyberbullismo o altre situazioni di disagio e/o pericolo.

La scuola è il miglior laboratorio in cui dare inizio a questo processo di conoscenza e consapevolezza. Puntare alla piena integrazione tra competenze digitali e competenze chiave[2] nella progettazione delle esperienze di apprendimento è la via da percorrere per allargare, in modo competente, la cittadinanza al digitale. A scuola si formano i cittadini di domani e si “contagia” la rete di relazioni in cui sono inseriti.

Di cosa abbiamo bisogno?

Guardando alle competenze i cittadini digitali devono saper comunicare e saper agire in sicurezza nell’ambiente digitale . Devono. Possono. Esistono, e sono numerosi, i riferimenti utili a progettare e realizzare percorsi utili a consolidare le competenze digitali. Purtroppo sono poco noti. Quanti cittadini descrivono la propria competenza digitale nel curriculum? Quanti cittadini sono informati del fatto che nel formato europeo del cv [3] è presente una sezione specifica dedicata a questo? Quanti cittadini sono a conoscenza che, attraverso il curriculum, potranno essere valutati/selezionati anche in base al livello di competenza in tema di comunicazione e sicurezza [4]? Quanti sanno dell’esistenza di competenze specifiche come “Gestire l’identità digitale”, “Proteggere i dati personali e la privacy” e “Tutelare la salute e il benessere” (framework DigComp 2.0) [5]?

Il modello DigComp, giunto alla I Fase della versione 2.0, inserisce nell’area di competenza 2. Comunicazione e collaborazione la competenza specifica 2.6 Gestire l’identità digitale (Creare e gestire una o più identità digitali, essere in grado di proteggere la propria reputazione, occuparsi dei dati prodotti mediante l’uso di diversi strumenti digitali, ambienti e servizi) .

Nell’area di competenza 4. Sicurezza sono descritte le competenze 4.2 Proteggere i dati personali e la privacy (Proteggere i dati personali e la privacy in ambienti digitali. Sapere in che modo utilizzare e condividere dati personali proteggendo se stessi e gli altri da eventuali danni. Essere a conoscenza che i servizi digitali utilizzano una “Privacy policy” per informare su come i dati personali sono utilizzati)4.3 Tutelare la salute e il benessere (Saper evitare rischi e minacce al benessere fisico e psicologico durante l’utilizzo di tecnologie digitali. Essere in grado di proteggere se stessi e altri da possibili pericoli in ambienti digitali – ad esempio cyber bullismo Essere a conoscenza delle tecnologie digitali per il benessere e l’inclusione sociale ).

 

Mettiamoci in gioco

In questo periodo dell’anno riusciamo a ritagliare qualche occasione in più per stare insieme e ricaricarci di energia anche attraverso il gioco. Oltre la rassicurante tombola potremmo sperimentare un nuovo gioco da tavolo “Happy onLife” [6] realizzato per avvicinare e promuovere la condivisione dell’esperienza digitale tra adulti e bambini. Happy Onlife game è una delle attività inserite nella raccolta prodotta dal Centro Comune di Ricerca della Commissione europea – Istituto per la protezione e la sicurezza dei cittadini (JRC Ispra) contenente una selezione di progetti, proposte e strategie utili a contribuire alla formazione in tema di sicurezza digitale. È un gioco a quiz, disponibile sia in format cartaceo che digitale, con una struttura simile a quella del “gioco dell’oca” finalizzato a promuovere la condivisione dell’esperienza digitale, a stimolare il confronto su situazioni che potrebbero generare pericolo e che comunemente possono verificarsi frequentando l’infosfera.

Mettiamoci in gioco, per primi, sempre, per migliorare noi stessi e la comunità analogico-digitale di cui accettiamo senza paura tutte le sfide. Auguri!

 

[1] http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb…

[2] http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri…

[3] https://europass.cedefop.europa.eu

[4] https://europass.cedefop.europa.eu/it/resources/di…

[5] https://ec.europa.eu/jrc/en/digcomp/digital-compet…

[6] https://ec.europa.eu/jrc/en/scientific-tool/happy-…

Allarme Blue Whale, Proteggiamo i nostri ragazzi.

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BLUE WHALE – CONSIGLI – DA POLIZIA POSTALE

Il Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni sta coordinando gli interventi attivati a seguito delle numerose segnalazioni pervenute ed in trattazione degli Uffici territoriali della Polizia Postale al fine di individuare la presenza di eventuali soggetti che si dedicano ad indurre minorenni ad atti di autolesionismo ed al suicidio attraverso l’uso di canali social e app ovvero di intercettare fenomeni di emulazione nei quali pericolosamente possono incorrere i più giovani in Rete in preda alle mode del momento o guidati da un’improvvida fragilità magari condivisa con un gruppo di coetanei.

Stiamo parlando del blue whale challenge, una discussa pratica che sembrerebbe provenire dalla Russia che viene proposta come una sfida in cui un così detto “curatore” manipola la volontà e suggestiona i ragazzi sino ad indurli, attraverso una serie di 50 azioni, al suicidio.

CONSIGLI PRATICI PER I GENITORI:

• Il Blue Whale è una pratica che può suggestionare i ragazzi ed indurli progressivamente a compiere atti di autolesionismo, azioni pericolose (sporgersi da palazzi, cornicioni, finestre etc) sino ad arrivare al suicidio. Questa suggestione può essere operata dalla volontà di un adulto che aggancia via web e induce la vittima alla progressione nelle 50 tappe della pratica oppure da gruppi whatsapp o sui social nei quali i ragazzi si confrontano sulle varie tappe, si fomentano reciprocamente, si incitano a progredire nelle azioni pericolose previste dalla pratica, mantenendo gli adulti significativi ostinatamente all’oscuro;
• Aumentate il dialogo sui temi della sicurezza in rete: parlate con i ragazzi di quello che i media dicono e cercate di far esprimere loro un’opinione su questo fenomeno;
• Prestate attenzione a cambiamenti repentini di rendimento scolastico, socializzazione, ritmo sonno veglia: alcuni passi prevedono di autoinfliggersi ferite, di svegliarsi alle 4,20 del mattino per vedere video horror, ascoltare musica triste.
• Se avete il sospetto che vostro figlio frequenti spazi web sulla Balena Blu-Blue Whale parlatene senza esprimere giudizi, senza drammatizzare né sminuire: può capitare che quello che agli adulti sembra “roba da ragazzi” per i ragazzi sia determinante;
• Se vostro figlio/a vi racconta che c’è un compagno/a che partecipa alla sfida Balena Blue-Blue-Whale, non esitate a comunicarlo ai genitori del ragazzo se avete un rapporto confidenziale, o alla scuola se non conoscete la famiglia; se non siete in grado di identificare con certezza il ragazzo/a in pericolo recatevi presso un ufficio di Polizia o segnalate i fatti a www.commissariatodips.it;

AI RAGAZZI:

• Nessuna sfida con uno sconosciuto può mettere in discussione il valore della tua vita: segnala chi cerca di indurti a farti del male, a compiere autolesionismo, ad uccidere animali, a rinunciare alla vita su www.commissariatodips.it;

• Ricorda che anche se ti sei lasciato convincere a compiere alcuni passi della pratica Blue Whale non sei obbligato a proseguire: parlane con qualcuno, chiedi aiuto, chi ti chiede ulteriori prove cerca solo di dimostrare che ha potere su di te;
• Se conosci un coetaneo che dice di essere una balena Blu-blue whale parlane con un adulto: potrebbe essere vittima di una manipolazione psicologica e il tuo aiuto potrebbe farlo uscire dalla solitudine e dalla sofferenza;
• Se qualcuno ti ha detto di essere un “curatore” per la sfida Blue Whales-Balena Blu sappi che potrebbe averlo proposto ad altri bambini e ragazzi: parlane con qualcuno di cui ti fidi e segnala subito chi cerca di manipolare e indurre dolore e sofferenza ai più piccoli a www.commissariatodips.it;
• Se sei stato aggiunto a gruppi whatsapp, Facebook, Istagram, Twitter o altri social che parlano delle azioni della Balena Blu-Blue Whale parlane con i tuoi genitori o segnalalo subito su www.commissariatodips.it;

 

 

Servizio delle Iene

 

 

 

 

 

 

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