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Bambini che mangiano troppo: 7 errori da non fare

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Solo il 17% dei genitori italiani si accorge del peso eccessivo dei propri figli, mentre il 98% non lo considera un problema medico.

 

A rivelarlo è un’indagine di Altroconsumo su ventimila famiglie con figli under 10. Un dato allarmante che fotografa come spesso dietro un rapporto sbagliato con il cibo dei bambini ci siano non solo stili di vita scorretti adottati in famiglia, ma anche una sottovalutazione del fenomeno da parte di mamme e papà.

Ma quali sono le abitudini e i comportamenti sbagliati che possono indurre i bambini a mangiare in modo eccessivo? Scopriamoli insieme.

1. SALTARE LA COLAZIONE
La colazione è fondamentale per non arrivare troppo affamati al pasto successivo e mangiare di più nell’arco dell’intera giornata. L’ideale è condividerla con tutta la famiglia a tavola, ma se al mattino vai di fretta «prepara la sera prima dei piccoli contenitori con frutta già tagliata: tuo figlio potrà consumarla mentre si reca a scuola», è il suggerimento di Paola Salgarelli, biologa nutrizionista e specialista in Scienze dell’alimentazione.

2. MANGIARE DAVANTI A TV E TABLET
Meglio evitare le distrazioni a tavola, una regola che non dovrebbe valere solo per i più piccoli, ma anche per gli adulti di casa. Consumare i pasti davanti a tablet, PC e altri apparecchi digitali può essere dannoso. «Favorisce l’obesità e riduce la capacità di controllare consapevolmente la quantità di cibo che si mangia. Non permette di assaporare a pieno la qualità e la bontà di ciò che si sta consumando», spiega la nutrizionista. Inoltre, aggiunge la psicologa Schiralli, «rende difficile distinguere il pieno dal vuoto, la fame dalla sazietà, avviando un processo di disconoscimento delle sensazioni fisiche e delle emozioni».

3. SCEGLIERE FUORI ORARIO SNACK IPERCALORICI
«A metà mattina e a metà pomeriggio è molto importante spezzare il digiuno con uno spuntino che permetta al piccolo di arrivare non troppo affamato ai pasti principali e che, allo stesso tempo, non rovini l’appetito per il pranzo o per la cena», spiega la dottoressa Salgarelli. Da evitare cibi elaborati e ricchi di grassi. Spazio, invece, alla frutta.

4. MANGIARE SPESSO AL FAST FOOD
Soprattutto se il bambino è in sovrappeso è bene limitare il consumo di pasti preparati industrialmente. Meglio evitare hamburger, patatine, salse e altri cibi da fast food. «Si tratta di alimenti ricchi di grassi saturi, sale e zuccheri, colesterolo, carboidrati raffinati e altre sostanze dannose», spiega la nutrizionista. «Attenzione, poi, alle bevande zuccherate. Il consumo eccessivo di zuccheri semplici risulta essere una delle prime cause dell’obesità infantile. Questo perché gli zuccheri in eccesso, guidati dall’azione dell’insulina, vengono immagazzinati sotto forma di grassi all’interno dei tessuti adiposi».

5. FARE POCO MOVIMENTO
Bando alla pigrizia. Anche svolgere una disciplina sportiva può essere di aiuto per rieducare il piccolo a una sana e corretta alimentazione. «L’attività fisica, se fatta in maniera costante, permette di ottenere progressivamente un innalzamento del metabolismo basale che fa sì che l’organismo consumi di più, anche a riposo», afferma la nutrizionista. «Questo vale per grandi e piccini. Nei piccoli in sovrappeso questo meccanismo permette di contenere l’aumento di peso senza particolari sacrifici a tavola».

6. DIRE AL PICCOLO CHE MANGIA TROPPO
Mortificare un bambino che mangia troppo, umiliarlo o ridicolizzarlo, così come sgridarlo, non serve, anzi, si potrebbe ottenere l’effetto contrario. «Meglio cercare di capire cosa il bambino stia cercando di comunicare con questo atteggiamento, dedicare del tempo per stare insieme, giocare e condividere emozioni insieme a lui», suggerisce la psicologa. «Ripetere al bambino cosa è meglio fare o non fare a proposito del cibo si rivela sempre un pessimo metodo educativo. Occorre armarsi di pazienza ed educare il proprio bambino ad accettare gli alimenti sani, magari facendo la spesa insieme e coinvolgendolo nella cucina».

7. RIPETERE CHE UN CIBO DI CUI È GHIOTTO FA INGRASSARE
È sbagliato ripetere all’infinito a tuo figlio che un cibo di cui va matto fa ingrassare. «Occorre semplicemente non comprare quell’alimento» dice la psicologa Schiralli. «Ai bambini non va spiegato sempre tutto. Come potrebbe capire la differenza tra zuccheri semplici e composti? Cosa potrebbe capire di colesterolo? Insomma: se ci avventurassimo a convincere un bambino con questi argomenti di biologia molecolare, lui capirebbe soltanto che abbiamo una grande difficoltà a dire “no”. E quindi insisterà fino allo sfinimento. Cercate, invece, di non chiedere al bambino cosa vuole mangiare e non fornite menù alternativi»..

 

Vietato postare foto di figli minori sui social se un genitore è contrario

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E” lecito o no postare le foto dei figli minorenni su Facebook o altri social network? Una sentenza del tribunale di Mantova, fa chiarezza al riguardo.

 

Non si possono pubblicare le foto dei figli minorenni sui social se uno dei genitori non è d’accordo. Uno dei genitori può chiedere e ottenere dal giudice di inibire la pubblicazione delle immagini e di far cancellare quelle già pubblicate.

“L’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi – ha spiegato il giudice – in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto online”.

Il caso preso in esame dal Tribunale è quello di una coppia separata con due figli molto piccoli (tre anni e mezzo e un anno e mezzo), affidati alla mamma. Quest’ultima si era impegnata a non pubblicare le foto dei bimbi sui social e a rimuovere quelle già online. Ma non lo ha fatto.

Così l’ex marito ha deciso di fare ricorso. Il tribunale ha stabilito che la madre ha torto: il suo comportamento non solo contravviene ad un accordo col padre, ma viola il diritto all’immagine e alla riservatezza dei bambini, e anche la convenzione di New York sui diritti del fanciullo.

Come spiegato dal giudice, un ulteriore pericolo legato alla pubblicazione sui social network di foto di minori – oltre alla diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone – è quello costituito dalla “condotta di soggetti che ‘taggano’ le foto online dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare tra i pedofili, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia”..

J. Twenge: “L’uso dello smartphone impatta sulla salute mentale degli adolescenti”

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Jean Twenge, autore e professore di psicologia alla San Diego State Unitersity, sostiene che l’utilizzo degli smartphone sta avendo un impatto radicale sul comportamento e sulla salute mentale degli adolescenti.
Il professore scrive che la diffusione degli smartphone ha cambiato radicalmente ogni aspetto della vita di un adolescente, dalla natura delle loro interazioni sociali, fino alla loro salute mentale: “I tassi di depressione e suicidi tra i teenager sono in aumento dal 2011. Non è una esagerazione descrivere la iGen come quella sull’orlo della peggiore crisi di salute mentale da decenni a questa parte. Gran parte di questo deterioramento può essere ricollegato agli smartphone”. 

Lungi dall’essere la solita lamentela generalizzata sugli adolescenti e sul troppo utilizzo dello smartphone, il dottor Twenge ha pubblicato diversi dati a conferma delle sue argomentazioni tutte pubblicate sul The Atlantic, la rivista controllata da Laurene Powell Jobs. Il professore ha condotto uno studio su oltre 5.000 ragazzi degli Stati Uniti e ha scoperto che tre su quattro hanno un iPhone:

Per colpa degli smartphone, gli adolescenti trascorrono molto meno tempo con i loro amici, sempre meno ragazzi hanno la patente di guida. Fanno meno incontri romantici, fanno meno sesso, hanno meno sonno e hanno maggiori probabilità di sentirsi sono. Gli adolescenti trascorrono almeno tre ore al giorno sui dispositivi elettronici e questo ha portato al 35% in più di probabilità di rischi relativi ai suicidi o alla volontà di farlo.

I sintomi depressivi nei ragazzi sono aumentati del 21% dal 2012 al 2015, mentre nelle ragazze la percentuale arriva al 50%. Tra le ragazze abbiamo assistito anche ad un aumento preoccupante di suicidi, soprattutto nella fascia di età tra i 12 e i 14 anni.

Chiaramente lo smartphone non è l’unico fattore, ma di sicuro fa parte di quelli più importanti che portano a queste conseguenze. Sono cambiati gli stili di comportamento dei genitori, così come i programmi scolastici e la cultura in generale. Ma l’ascesa su un doppio filo di smartphone e social network è l’elemento che più di tutti ha provocato questo cambiamento. Un terremoto di grandezza tale da poter dire che in psicologia non abbiamo mai assistito ad un cambiamento così pronunciato nei comportamenti di una generazione. Ci sono prove convincenti che i dispositivi elettronici stanno avendo profondi effetti sulla vita degli adolescenti.

E non è vero che parte di questi nuovi comportamenti sono dettati dal fatto che oggi i ragazzi crescono più velocemente. Monitorando una serie di comportamenti come bere, incontrarsi con un partner o trascorrere del tempo senza genitori, si scopre che oggi i ragazzi di 18 anni agiscono come quelli di 15 e quelli di 15 come quelli di 13. L’infanzia ora si estende fino al liceo.

Una delle ironie della vita di questa iGen è che, malgrado passino più tempo sotto lo stesso tetto dei genitori, sono molto più lontani dai loro padri e dalle loro madri rispetto agli adolescenti di qualche anno fa. Ci sono famiglie in cui il dialogo è pari a zero, dove i ragazzi rispondono con semplici “OK”, “tutto bene” e basta. Poi ritornano a posare gli occhi sul display dello smartphone e non prestano attenzione alla loro famiglia. Anche nel periodo estivo, quando i ragazzi tendono ad uscire di più, il tempo viene trascorso per la maggior parte sullo smartphone, magari su Snapchat o Facebook.

Oggi, gli adolescenti vanno meno alle feste e si incontrano per poco tempo con le altre persone, ma quando si riuniscono documentano tutto sui social network, spesso senza godersi realmente il momento. Per questo, gli adolescenti che vedono le foto su Facebook – e magari non sono stati invitati alla festa – si sentono più esclusi e più soli. Per questo, negli ultimi anni è aumentato anche il tasso di solitudine tra i ragazzi.

Secondo Twenge, la situazione è molto grave e i genitori devono rendersene conto prima che sia troppo tardi.

Faq Bullismo

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  • Quando si può parlare di Cyberbullismo?

Per Cyberbullismo si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, attacco dannoso, o loro messa in ridicolo.

 

  • Quali sono i comportamenti che in linea di massima identificano il Cyberbullismo?

I comportamenti più sintomatici dei cyberbulli sono:

– messaggi, violenti, volgari e diffamatori volti a suscitare rabbia ed odio nella vittima;

– messaggi  di morte e minacciosi, quindi molestie;

– messaggi volti a danneggiare l’opinione del soggetto pubblicamente, come sui social;

– furto di identità, quando la vittima viene derubata dell’identità su di un social, per poter inviare a suo nome messaggi dal contenuto offensivo.

– raggiro/inganno finalizzato ad ottenere informazioni personali per poi pubblicarle e condividerle all’insaputa della vittima.

– diffusione di materiale pornografico (immagini e video) o di dati sensibili.

La diffusione di immagini o video di  un minore nudo o che viene ritratto durante atti sessuali costituisce un reato penale molto grave.

 

  • Come ci dobbiamo comportare se veniamo a sapere che a nostro figlio è stata rubata l’identità su un social ?

Come prima cosa dobbiamo contattare il titolare o gestore del sito internet o social media ed inoltrare un’istanza per l’oscuramento, rimozione o blocco di qualsiasi altro dato personale del minore. Se il gestore o titolare non dà atto di aver preso incarico di blocco dei dati personali ed entro quarantotto ore non vi abbia provveduto, dobbiamo rivolgerci subito alle autorità competenti come la Polizia postale la quale collabora nel progetto di prevenzione al Cyberbullismo.

Indichiamo di seguito i link dei principali social dove è possibile fare la suddetta istanza per l’oscuramento, rimozione o blocco:

 

  • Come è possibile aiutare un minore che ha subìto questo genere di attacco?

Vi sono i servizi territoriali che con l’ausilio delle associazioni e degli altri enti, promuovono, nell’abito delle risorse disponibili, specifici progetti personalizzati volti a sostenere i minori vittime di Cyberbullismo.

 

  • Come posso rieducare il minorenne al fine di non perseguire più la strada del Cyberbullismo?

Sempre attraverso i servizi territoriali con l’ausilio delle associazioni e degli altri enti. I progetti personalizzati infatti sono volti anche alla rieducazione, attraverso altresì attività riparatorie o di utilità sociale.

 

  • Cosa fanno lo Stato, le amministrazioni e/o gli enti per prevenire gli atteggiamenti dei ragazzi che commettono queste azioni?

Gli uffici scolastici regionali promuovono la pubblicazioni di bandi per il finanziamento di progetti di particolare interesse, studiati da reti di scuole in collaborazione con enti, servizi minorili dell’Amministrazione della giustizia e Prefetture. Ogni istituto scolastico individua tra i docenti un referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del Cyberbullismo. Lo stesso,nel caso venga a conoscenza di attacchi di Cyberbullismonei confronti di minorenni, dovrà tempestivamente informare i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale sui minori coinvolti ed attivare azioni di carattere educativo.

 

  • Esiste una legge a salvaguardia delle vittime di attacchi di Cyberbullismo?

Si, esiste ed è recentissima, è la Legge del 29 maggio 2017 n. 71 in vigore dal 18.06.2017. (http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/testi/43814_testi.htm)

 

  • Questa legge è applicabile solo nel caso che la vittima sia un minore?

Si, la legge è proprio intitolata: “ Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del Cyberbullismo.”

 

 

Avv. Guelfo Salani

La sgridata non deve durare più di un minuto

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Lo psichiatra infantile americano Gerard E. Nelson è riuscito a dare al rimprovero tutta la dignità di un metodo con “The one minute scolding”, la sgridata di un minuto. Ecco come rimproverare il bambino e farlo sentire amato:

1. Descrivere i fatti separati dalle emozioni: “Hai dato uno spintone al tuo amico e lui è caduto.” Sembra banale, ma si tratta di una precisazione necessaria perché il bambino può anche non capire le ragioni del rimprovero. Per lui è istintivo e naturale dare uno spintone a chi lo ha fatto arrabbiare.
2. Descrivere quello che proviamo: “Quando ti vedo picchiare gli altri, mi fai veramente irritare”.
3. Dirgli che capiamo ciò che prova: “Capisco che volevi salire subito sullo scivolo.” In tal modo il bambino si rende conto che non siamo “contro”, ma “con” lui. Non è lui a essere cattivo, ma solo il suo comportamento, ed è questo che chiediamo di cambiare.

3. Spiegare la regola infranta: “Ti ho già detto che non si picchiano gli altri”. Anche se gliel’abbiamo ripetuta mille volte, non stanchiamoci di ribadirla: le regole non fanno parte dei comportamenti innati, ma sono oggetto di apprendimento, come lo sono per noi le norme grammaticali di una lingua straniera.
4. Presentare gli svantaggi del suo comportamento: “Se continui a picchiare gli altri bambini, poi non vorranno più giocare con te”.

5. Fare una pausa: Se vediamo che stiamo perdendo il controllo, proviamo a tirare un lungo respiro e a pensare: “Questo è il mio bambino, gli voglio bene e desidero aiutarlo con tutto il cuore”. La pausa ha anche un’altra funzione: ci permette di osservare le reazioni del bambino, alle quali spesso non facciamo caso quando siamo arrabbiati.
6. Sottolineare quello che sa fare: È vero che si è comportato male, ma è altrettanto vero che in altre situazioni ci ha dimostrato di saper fare delle cose bellissime. Ed è qui che bisogna far leva per portarlo alla collaborazione: fino all’età dell’adolescenza il bambino non sa accettare un rimprovero senza mettersi sulla difensiva o perfino diventare ostile.

7. Proporre un’alternativa: “Sei arrabbiato? Vuoi dare i pugni? Puoi farlo su questo cuscino”. “Se hai voglia di buttare i sassi, fallo in riva al mare”. In questo modo, si sentirà capito e accetterà di buon grado il divieto e dirotterà l’attenzione verso ciò che gli abbiamo suggerito.
8. Dirgli che abbiamo fiducia in lui: “So che hai capito e che la prossima volta non lo farai più”. Se sente che facciamo affidamento su di lui, sarà stimolato a comportarsi meglio per non deludere le nostre aspettative. La fiducia è un motore più potente dei sensi di colpa. Un clima di fiducia e serenità dà, come logica conseguenza, un senso di sicurezza.

E se un attimo dopo il bambino ci smentisce e torna a pestare un compagno? Ripetiamo tutto da capo, tenendo fede al principio: la sgridata non deve durare più di 60 secondi.

In vigore la legge contro il Cyberbullismo: ecco cosa prevede

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18 giugno 2017Più controlli sul web e il coinvolgimento delle scuole nel contrasto di quelle molestie online che in troppi casi hanno portato chi ne é stato vittima a togliersi la vita. Sono i cardini della legge sul
cyberbullismo che entra oggi in vigore. Ecco in dettaglio cosa prevede

OSCURAMENTO DEL WEB
Il minore sopra i 14 anni vittima di cyberbullismo (o anche il genitore) può chiedere al gestore del sito internet o del social media o al titolare del trattamento di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti diffusi in rete. Se non si provvede entro 48 ore, l’interessato può rivolgersi al Garante della privacy che interviene direttamente entro le successive 48 ore. Dalla definizione di gestore, che è il fornitore di contenuti su internet, sono comunque esclusi gli access provider, i cache provider e i motori di ricerca.

DOCENTE ANTI-BULLI IN OGNI SCUOLA
In ogni istituto tra i professori sarà individuato un referente per le iniziative contro il cyberbullismo. Al preside spetterà informare subito le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo informatico e attivare adeguate azioni educative. L’obbligo di informazione è circoscritto ai casi che non costituiscono reato. Più in generale, il Miur ha il compito di predisporre linee di orientamento di prevenzione e contrasto puntando, tra l’altro, sulla formazione del personale scolastico, la promozione di un ruolo attivo degli studenti e la previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti, mentre ai singoli istituti è demandata l’educazione alla legalità e all’uso consapevole di internet. Alle iniziative in ambito scolastico collaboreranno anche polizia postale e associazioni territoriali.

AMMONIMENTO DA PARTE DEL QUESTORE
In caso di ingiuria, diffamazione, minaccia o trattamento illecito di dati personali via web, fino a quando non vi sia una querela o denuncia il cyberbullo, sulla falsariga di quanto già è previsto per lo stalking, potrà essere formalmente ammonito dal questore che lo inviterà a non ripetere gli atti vessatori. Insieme al minore sarà convocato anche un genitore. Gli effetti dell’ammonimento cessano al compimento della maggiore età.

PIANO D’AZIONE E MONITORAGGIO
Presso la presidenza del consiglio verrà istituito un tavolo tecnico con il compito di redigere un piano di azione integrato per contrastare e prevenire il cyberbullismo e realizzare una banca dati per il monitoraggio del fenomeno.

Parental control su dispositivi per minori?

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Un modo per tutelare la salute dei minori è sicuramente quello di ritardare il più possibile il loro rapporto/contatto con il cellulare o tablet.

Se ciò ci appare impossibile, abbiamo cura quanto meno di farlo utilizzare ai minori solo per il tempo necessario e preferibilmente scollegato da wi-fi e privo di sim card.

Janell Burley Hofmann, autrice del libro “I Rules – Come educare figli iperconnessi – Il decalogo che ha ispirato migliaia di genitori” (Giunti Editore) mostra ai genitori come gestire il rapporto tra minori e dispositivi elettronici, suggerendo per esempio, che il cellulare per quanto bello e costoso possa essere, non andrebbe mai regalato ma solamente dato in prestito in modo da poterlo togliere in caso di  punizione; oppure che si dovrebbero dare al minore degli orari di utilizzo, e così via altri utili consigli ad esclusiva tutela del minore stesso.

Al giorno d’oggi dinanzi ad un tecnologia così invasiva risulta impossibile ed anacronistico per un genitore pensare di poter avere sotto controllo qualsiasi attività del proprio figlio laddove a ciò non si accompagni una attenzione non solo personale ma anche a sua volta tecnologica. Il rischio che il minore possa agire di nascosto comprandosi un cellulare o una sim card sono infatti molto alti e purtroppo la normativa al riguardo non tutela il minorenne e quindi non aiuta i genitori nel proprio ruolo di controllo e aiuto.

Si guardi ad esempio la sim card e la possibilità di suo acquisto per un minore. Ognuno di noi a logica è portato a pensare che la sim non possa essere acquistata da un minore poiché da un punto di vista legale tale acquisto comporta un contratto e il minore non è capace (capacità in senso tecnico) di stipulare alcun contratto non avendo ancora raggiunto i 18 anni di età. A tale impossibilità dovrebbe seguire certamente il divieto da parte dei rivenditori di cederla se l’acquirente è appunto un minore.

Tralasciando il discorso relativo al fatto che spesso i minori riescono comunque ad ottenere una sim, magari perché in casa ve ne è una che si pensa inutilizzata o perché qualche fratello maggiorenne di qualche amico ha provveduto in tal senso, si riporta qui di seguito un estratto dalle FAQ del sito di TELECOM ITALIA S.p.A (http://www.tim.it/tariffe/ricaricabile/tim-young-nuovi-clienti):

“È possibile attivare la TIM YOUNG per i minori di 18 anni?

Sì, perché è possibile avere una SIM intestata a proprio nome se hai compiuto almeno 12 anni, recandoti presso un Negozio TIM con un valido documento di identità. Se hai meno di 15 anni, devi essere accompagnato da un genitore o tutore.”

Da una prima lettura si ricava che compiuti i 15 anni, il minore può acquistare e intestarsi una sim card unicamente munito di valido documento di identità e ciò appunto anche ad insaputa dei genitori.

Essendo questo un fenomeno storicamente nuovo, non sempre per un genitore è facile comprendere cosa voglia dire avere un figlio minorenne con una sim card che usa “di nascosto”, senza alcun limite.

Con tale semplice acquisto il minore ha infatti la possibilità di connettersi a qualsiasi sito o social come esempio a siti pornografici che potrebbero deviarne lo sviluppo psicosessuale, o a siti dove con una webcam è possibile spogliarsi e/o fare quello che l’interlocutore, spesso adulto, chiede in cambio di soldi virtuali, di ricariche telefoniche o per semplice divertimento. Oppure, come spesso succede, il minore si crea un profilo sui social e sotto falso o inventato nome compie atti di cyberbullismo a danno di altri o altre azioni pensando di non avere conseguenze. Lo stesso sito Youtube per esempio, non dispone di filtri sulla pubblicità e quindi, mentre il minore sta guardano un cartone animato ben può passare un banner di un videogioco di guerra dove si spara ai nemici e si uccide. Si pensi altresì che proprio in siti come Youtube sono presenti video non censurati con decapitazioni, torture ecc.

Come ben si può vedere da questo ridottissimo elenco effettuato solo a titolo di esempio, i rischi sono enormi, spesso devastanti proprio per lo sviluppo psicofisico del minore e quindi con effetti prolungati nel tempo ed anche, come si legge purtroppo sempre più spesso sul giornale, tragici in cui l’unica vera vittima inconsapevole è il minore stesso, l’adulto di domani.

Sempre da un punto di vista legale si tenga altresì presente che l’attività di guida e controllo da parte di un genitore costituisce un dovere per quest’ultimo e che comportamenti omissivi dell’adulto in tal senso sono sanzionati dalla legge.

Si osservi a titolo di esempio l’art. 147 del codice civile intitolato “Doveri verso i figli” il quale dice che Il matrimonio (dovere estensibile a qualsiasi genitore anche non sposato) impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli….”, nonché l’art 2048 il quale specifica che “Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori […] o delle persone soggette alla tutela”. 

Ciò detto, un metodo che può sicuramente se non evitare comunque arginare tutti questi rischi è quello di installare sul dispositivo elettronico uno dei cosiddetti software di parental control che impediscono l’accesso a determinati siti o social.

Qui di seguito alcuni software tra i più conosciuti e utilizzati: NETNANNY, WITIGO.

Altri software chiamati “di sorveglianza”, riescono a raggiungere lo stesso obiettivo poiché riescono a captare tutto ciò che il dispositivo, cellulare, tablet, pc, ecc, scrive ed in tal modo può essere preso in remoto il pieno controllo del dispositivo oggetto di sorveglianza, compresa la posizione gps, i testi delle chat, le rubriche, ecc.

Tra questi quelli più conosciuti che segnaliamo sono: SPYMASTERPRO, MSPYITALY.

Avv. Guelfo Salani

 

 

Genitori attenti, troppi bambini in auto senza seggiolino

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Sei bambini su dieci, coinvolti in un incidente stradale a bordo di un’auto, muoiono o restano feriti gravemente. Il vero dramma «è che molte di queste tragedie sarebbero evitabili, se i bambini indossassero le cinture di sicurezza o fossero seduti sul seggiolino, come prevede il codice della strada».

 Il giorno dopo il ferimento delle peruviana di 6 anni colpita dalla violenza dell’airbag mentre era tenuta in braccio dal padre sul sedile del passeggero di un’auto che ha tamponato un’altra vettura, i medici dell’ospedale Regina Margherita lanciano un allarme: «Troppi genitori cedono di fronte ai capricci dei figli senza rendersi conto del pericolo che corrono».

Numeri aggiornati non ce ne sono, ma al pronto soccorso dell’Infantile «ci si trova troppo spesso a soccorrere bimbi vittime innanzitutto dell’imprudenza degli adulti». Papà e mamme «continuano a non capire quanto sia pericoloso far viaggiare i bambini sul sedile anteriore o su quello posteriore senza cinture di sicurezza o sulle ginocchia di un adulto».

In città e in autostrada  

Sfatiamo subito una convinzione: «Il maggior numero di incidenti automobilistici si verifica in città, circa l’80 per cento – sottolinea il dottor Antonio Urbino, primario del pronto soccorso dell’ospedale Infantile -: ed proprio in città che invece i genitori o i nonni abbassano la guardia, convinti che un tragitto breve sia un rischio minore, o perché credono che il pericolo sia soltanto in autostrada dove la velocità è superiore».

La realtà dimostra il contrario. Dice che, in Italia, dei 51 bambini tra gli 0 e i 14 anni morti in un incidente nel 2012, ben 32 erano passeggeri di un’auto. Gli altri sono vittime di un investimento o erano in sella a una bicicletta o al motorino. Anche Torino ha dato purtroppo il proprio tributo di vittime.

Bambini-airbag  

La bimba di 6 anni coinvolta nell’incidente di ieri è in rianimazione. «La cosa più pericolosa che si possa fare è tenere un bimbo in braccio sul sedile del passeggero – spiega sempre il dottor Urbino -: se l’airbag è attivato ed esplode il risultato sarà certamente un gravissimo trauma al volto o al torace. Se è disattivato, in caso di incidente il bimbo tenuto in braccio farà lui stesso da “palloncino”, rimanendo schiacciato tra il cruscotto e l’adulto che lo tiene in braccio».

L’altra immagine fin troppo comune, circolando nel traffico, è quella dei bambini nella parte posteriore dell’abitacolo, ma in piedi tra i sedili anteriori, distratti nel guardare la strada: «A 6-7 anni il peso di un bimbo è in grado di sfondare un parabrezza, in caso di frenata brusca».

E’ dimostrato che il rischio di morte, per i bambini che hanno un incidente mentre viaggiano in auto senza cinture di sicurezza, è 5 volte maggiore rispetto a quelli che usano gli appositi dispositivi. Non solo: una statistica del pronto soccorso dell’Infantile dice che su 100 incidenti che coinvolgono i bambini 40 sono domestici, o avvelenamenti, o di gioco, mentre sei su 10 sono stradali. «Airbag e bambini non vanno d’accordo. Quando a bordo di una vettura c’è un bimbo, anche se con le cinture di sicurezza indossate o seduto sul seggiolino, gli airbag vanno disattivati», ripetono in ospedale.

Come proiettili  

Non indossare la cintura di sicurezza è un pericolo anche quando si è seduti sui sedili posteriori . «In caso d’incidente – raccontano i registri del pronto soccorso dell’Infantile – un bambino diventa un proiettile esploso verso il parabrezza anteriore, ma anche lateralmente, oltre ai finestrini». Con conseguenze devastanti, «perché un bambino ha minore resistenza di un adulto: organi interni più delicati, tono muscolare più debole». Il che significa sempre lesioni molto più gravi, spesso mortali.

FONTE

POLIZIA DI STATO:

Con l’entrata in vigore, dal 14 aprile 2006, del Decreto Legislativo 13 marzo 2006 n. 150, è stato modificato l’art. 172 del Codice della Strada: “Uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta per bambini”.

In generale è possibile riassumere i cambiamenti introdotti dalla nuova norma applicando questa semplice regola: ogni volta che si occupa un posto a sedere su un veicolo dotato di cinture di sicurezza, è obbligatorio per tutti, conducente e passeggeri, utilizzarle e nel caso di trasporto di bambini di adottare i sistemi di ritenuta idonei (seggiolini o adattatori).

La nuova stesura dell’articolo ha introdotto importanti novità riguardanti l’utilizzo di questi sistemi di ritenzione sia per il conducente che per i passeggeri.

I dispositivi utilizzabili sono di due tipi: seggiolini e adattatori.

Dovrebbero essere usati fin dai primi giorni di vita, seguendo attentamente le istruzioni riportate nel manuale e la scelta deve essere fatta in base al peso del bimbo.

Il trasporto dei bambini sui veicoli è regolato dall’articolo 172 del codice della strada, (modificato dal decreto legislativo n.150 del 13 aprile 2006), dalla normativa europea e con una circolare attuativa (pdf 527 kb) del ministero dell’interno. I dispositivi di ritenuta sono obbligatori dalla nascita fino al raggiungimento di 36 chili di peso: fino a 18 kg si possono usare solo i seggiolini, oltre questo peso si possono utilizzare anche gli adattatori.

Quest’ultimi sono dei piccoli sedili che, sollevando il bambino, permettono di usare le cinture di sicurezza dell’auto che però vanno passate sotto le alette poste ai lati, in senso longitudinale al torace.

Vi ricordiamo inoltre che:

  • I sistemi di sicurezza presenti negli autoveicoli non sono adatti a persone inferiori a 1.50 metri di altezza.
  • Fino a 9 chili di peso il bimbo deve essere trasportato in senso contrario alla marcia dell’auto. Attenzione mai mettere il bambino sul sedile anteriore se la macchina è provvista di airbag, a meno che non possa essere disattivato. Il posto più adatto è il sedile posteriore, al centro, che protegge anche da eventuali urti laterali.
  • Dopo 10 chili si può cominciare a sistemare il seggiolino in senso di marcia.
  • Lo schienale del seggiolino deve essere ben appoggiato al sedile della macchina e le cinture presenti sul dispositivo devono sempre essere allacciate, anche per brevi tragitti.